CAPITOLO 2

IL BTB E LA DISINTERMEDIAZIONE NELL’E-BUSINESS

2.4. L’infomediazione nella particolare economia italiana

La transizione delle imprese di medio-piccole dimensioni verso la società dell’informazione, pone in discussione notevoli aspetti della loro organizzazione economica tradizionale e, quindi, delle prospettive di sviluppo dell’imprenditoria italiana. La diffusione delle tecnologie digitali all’interno di dette aziende, non è ovviamente un aspetto recente. Per la gestione della contabilità, delle paghe e del magazzino prima e della produzione e gestione dei flussi in entrata ed uscita dopo, le imprese si sono da tempo avvalse dell’ausilio dei computer.
Con la diffusione delle telecomunicazioni digitali però, le imprese hanno la possibilità di sfruttare l’informatica, anche per la gestione delle transazioni commerciali e nei processi di cooperazione e coproduzione, anche tra imprese geograficamente distanti tra loro.
Tali tendenze evolutive, vivono oggi una fase di massima accelerazione e questo, grazie in primis, alla diffusione su larga scala di internet e delle tecnologie informatiche e telematiche, le quali hanno permesso a tutte le imprese una facilità d’accesso alle tecniche della trasmissione digitale tramite servizi appositamente studiati per le loro esigenze e, secondo, in virtù di un continuo sviluppo dell’attività di intermediazione virtuale, con la quale si sono appunto create le premesse affinché anche la piccola impresa possa sfruttare efficacemente gli strumenti digitali al fine di ottenere vantaggi economici lungo tutta la propria catena del valore.
Il sostegno alle PMI deve quindi essere accompagnato necessariamente, da questa nuova attività di intermediazione, meglio definibile come infomediazione, in virtù del loro bisogno di vedersi ridurre la complessità nell’implementare simili progetti e, l’incidenza dei costi connessi alla realizzazione di un profittevole progetto di e-business, ottenibile appunto con l’offerta di servizi ad alto valore aggiunto e la condivisione di risorse per tutte le imprese.
Le criticità maggiori per le PMI che vogliono sfruttare le potenzialità della rete, possono quindi riassumersi nella necessità di uno sviluppo e trasformazione dei servizi di intermediazione, che sappiano ridurre le inevitabili difficoltà che queste incontrano nell’andare a sviluppare attività online, tali da garantire la possibilità di ottenere profitti realizzabili con le nuove opportunità proprie dell’e-business. Per realizzare questa evoluzione, che quindi prefigura la nascita e lo sviluppo di nuove forme di intermediazione, appare critico il coinvolgimento attivo dei consorzi di imprese, delle associazioni di categoria, degli Enti Statali e, magari, anche delle imprese leader nei propri distretti industriali, affinché trasmettano conoscenze sulle esigenze specifiche dei propri contesti produttivi di riferimento, promuovano e coordinino il coinvolgimento in simili progetti di quante più imprese possibili, fornendo loro anche un’ assistenza nelle difficili fasi della sperimentazione e del consolidamento del progetto stesso.
Il ruolo delle imprese leader è infatti fondamentale in quanto, anche le stesse, di fronte allo sviluppo di contesti competitivi più ampi ed in caso di un loro disinteressamento allo sviluppo di simili progetti, potrebbero perdere le quote di mercato che le imprese di più grandi dimensioni, tanto nazionali quanto estere, andrebbero a conquistare.
Il cammino verso la direzioni dell’efficienza, capacità d’innovazione e velocità di risposta ai cambiamenti ambientali e quindi al mercato, potrebbero allora meglio perseguirsi tramite tali nuovi modelli di business.
Un simile progetto di infomediazione, prende vita con la nascita delle comunità virtuali commerciali. Gli infomediari infatti, tendono a trasformarsi, in vere e proprie comunità digitali di settore e questo, per poter offrire vantaggi competitivi ai propri associati. Tali comunità, vanno ad operare secondo il modello di un distretto, garantendo e privilegiando una partecipazione attiva delle imprese partecipanti in tale ambiente, così da permettere alle stesse un apprendimento ed una risoluzione di tutte le possibili difficoltà operative che si manifestano nel nuovo ambiente in cui vanno ad operare.
Lo sviluppo delle PMI italiane, sul piano nazionale e soprattutto su quello internazionale, si è avuto tramite la creazione dei distretti produttivi e reti di imprese, dove sono state enfatizzate al massimo, le relazioni economiche tra tali gruppi di aziende, generalmente concentrate a livello territoriale. Il distretto, è infatti un ambiente sociale oltre che una forma organizzativa, fortemente dinamico, ove la vicinanza fisica, intesa anche come contiguità culturale, ha permesso di sfruttare i vantaggi connessi con le economie di agglomerazione.
Il territorio di riferimento di un distretto però, non deve confondersi esclusivamente con un qualcosa di prettamente fisico, come un’area geografica limitata, ma va inteso nel senso più ampio di località, dove tra le imprese partecipanti, viene a crearsi una condivisione di cultura, linguaggi, regole, pratiche commerciali condivise e sistemi stabili di relazioni economiche basate su rapporti di fiducia consolidatisi, grazie sia alle relazioni sociali ed economiche che si protraggono nel tempo, che dalla conoscenza e rispetto reciproco che da sempre intercorre tra queste aziende.
Una delle peculiarità distintive del distretto, è rappresentata dalla particolarità delle forme di relazioni tra le imprese dove, possono assumere la veste di vera e propria cooperazione, piuttosto che competizione, permettendo così una riduzione dei rischi economici in quanto ognuna ha saputo e potuto specializzarsi in singole fasi del processo produttivo, creando e consolidando poi profondi rapporti di collaborazione lungo le diverse catene del valore. La nascita dei distretti industriali, è strettamente collegata alle esigenze delle imprese di ricercare economie sui costi relativi ad esempio ai trasporti, economie derivanti dalla partecipazione attiva di fornitori ed acquirenti nel processo di ricerca e sviluppo di nuovi prodotti, nello sviluppo congiunto della professionalità del lavoro e degli skill aziendali per cui, nel tempo, sono sorti questi stretti rapporti di sub-fornitura e di filiera in vista di una sempre maggiore e migliore collaborazione interaziendale.
I rapporti di collaborazione e di coproduzione, hanno permesso all’economia italiana di costruire buona parte della propria competitività sui mercati internazionali. Nasce e si afferma così il modello di distretto, capace di mantenere elevati nel tempo, tutti quei rapporti commerciali che la specifica localizzazione geografica ha permesso. Il distretto, è quindi una rete di imprese, soggetti ed Istituzioni che pur essendo caratterizzato da una specificità territoriale, quasi sempre locale, risulta essere aperto anche ai mercati internazionali per cui, la digitalizzazione dei distretti, è uno dei punti cruciali per introdurre anche nell’economia italiana, il concetto di economia globale.
La rapida circolazione delle informazioni all’interno del distretto infatti, interviene come elemento fondamentale nei processi innovativi e dove detto scambio informativo, reso agevole dalla condivisione delle esperienze di ogni impresa e dai linguaggi comuni, ha permesso il raggiungimento di rilevanti vantaggi comunicativi in virtù anche della possibilità di ottenere tale scambio in modo veloce e a bassi costi, così da produrre rapporti interattivi basati sulla fiducia.
Tali distretti, essendo sistemi di imprese di piccole dimensioni che hanno sviluppato competenze altamente specializzate, hanno costruito il proprio vantaggio competitivo sulla flessibilità e sulla capacità di personalizzazione dell’offerta, sfruttando la stretta connessione e comunicazione tra i diversi attori delle varie supply chain aziendali. Il distretto quindi, può essere interpretato come un sistema capace di creare, elaborare e scambiare conoscenza, sfruttando i vantaggi di comunicazione offerti dal territorio, tradizionalmente chiuso verso il mondo esterno, ma progressivamente sempre più orientato all’esterno per poter affrontare i cambiamenti necessari per competere nella nuova economia (si pensi alla delocalizzazione produttiva in ambiti ove la manodopera è meno costosa). Sulla base della condivisione di linguaggi e codici comuni, le imprese del distretto, possono sfruttare le nuove tecnologie al fine di supportare lo scambio di conoscenze anche a distanza e quindi, a prescindere dal loro contesto geografico di riferimento, peraltro limitato, così da poter attivare nuovi contatti e rapporti commerciali di collaborazione con soggetti che non appartengono ne al medesimo distretto, ne al medesimo Paese.
Il rapporto tra distretti industriali e nuove tecnologie, appare oggi in forte cambiamento anche se, per un fattivo sviluppo di un progetto di e-business, tali entità economiche, necessitano di nuove soluzioni che permettano loro di supportare le proprie relazioni collaborative anche in rete.
Purtroppo però, difficilmente la creazione di simili soluzioni si avrà grazie all’operato individuale di singole imprese, ma occorrerà un intervento di nuovi intermediari che sappiano studiare progetti coerenti con la specificità di tali sistemi economici. La nuova intermediazione, o re-intermediazione, ha infatti il compito di gestire tali relazioni tramite la rete, dove la dimensione cognitiva, assume un ruolo fondamentale.
Detti operatori diventano veri collettori di informazione, accumulando in primis le conoscenze di ogni impresa e, successivamente, andando a colmare i fabbisogni informativi di tutte le proprie associate, divenendo, in pratica, essi stessi fonti di nuove conoscenze così da trasformare la conoscenza di ogni impresa, in conoscenza estesa per tutte le partecipanti al network.
A tal riguardo, sorgano anche in Italia, così come avviene negli U.S.A., le cosiddette comunità virtuali, chiamate in un certo senso, a riprodurre in rete il concetto di funzionamento di un distretto, optando però, a differenza di quest’ultimo, per una propria operatività che sappia "liberarsi" dal concetto di territorio e quindi andare ad operare in contesti economici che prescindano dai limiti dei confini geografici propri dei distretti e questo, sia in termini di mercato che di aziende, studiando progetti ove venga replicato virtualmente il contesto di funzionamento del distretto ma in uno spazio senza confini, su scala globale, per conquistare quella massa critica di clientela che assicurerebbe risultati positivi tanto per la comunità stessa, quanto e soprattutto per i partecipanti.
La comunità quindi, deve risultare uno strumento atto a migliorare la conoscenza del mercato e la qualità delle relazioni aziendali: la raccolta delle informazioni con i forum, gli spazi dedicati alla collaborazione, o le aree riservate per l’aggiornamento informativo dell’azienda, sono i mezzi con cui la comunità deve necessariamente creare nuovo valore.
Tale nuovo modello di business, deve quindi permettere ai partecipanti di poter godere, online, degli stessi punti di forza propri dei distretti. Tali punti di forza, devono concretizzarsi nell’offrire ad esempio, la possibilità di organizzare la produzione sulla base delle specifiche esigenze e richieste del cliente (la produzione su commessa digitale, dove prendono vita rapporti commerciali di tipo "collaborative commerce") sia in termini di avvio della produzione che adattamento del prodotto alle specifiche esigenze, anche qui su scala globale e, quindi, superando quei limiti spaziali che le imprese distrettuali hanno incontrato per non aver effettuato ad esempio, investimenti in marketing nella comunicazione esterna al distretto, atta a permettere loro una visibilità più estesa e quindi un portafoglio di potenziali clienti più ampio.
In tale ambito di offerta di servizi e soluzioni, vediamo come la comunità digitale, trasporta in rete il concetto di Total Quality Management tramite la riconfigurazione dell’intera catena del valore di tutte le aziende partecipanti al progetto. Il TQM applicato in rete infatti, permette alle imprese di transitare da una produzione di massa ad una personalizzata a basso costo e dove, tale processo, coinvolge tutta l’organizzazione aziendale nei rapporti con i vari partner commerciali.
La trasposizione in rete del concetto di TQM, si sostanzia in definitiva nella possibilità aziendale, soprattutto in termini di forniture, di allineare il proprio sistema organizzativo, produttivo, strategico e strutturale, ai reali bisogni della clientela, espressi questi all’interno del distretto digitale, e questo, meglio e prima della concorrenza che non ha creduto nelle potenzialità offerte dell’aggregazione digitale. La qualità in rete quindi, non è più quella definita dall’impresa, bensì quella definita dalle aspettative del cliente che l’impresa deve saper cogliere ed interiorizzare ma, differentemente dalle analisi condotte a tal fine con metodi tradizionali con ricerche di mercato ed analisi dei bisogni dei consumatori, le stesse avranno la possibilità di sviluppare nuove logiche relazionali e quindi dialogare e studiare prodotti e processi effettivamente mirati, sfruttando così la propria flessibilità produttiva e velocità di risposta, così da incrementare il valore percepito dal cliente.
La comunità deve poi focalizzare la sua attenzione, anche sul rapporto fiduciario che deve necessariamente intercorrere e stabilirsi tra gli associati in quanto, nelle relazioni a distanza, occorre il rispetto reciproco e la condivisione di norme e regole sociali, di comportamenti leciti e trasparenti ed un sistema di controllo in rete che renda sicure ed affidabili le transazioni economiche. Quello che occorre, è quindi una certificazione dei vari partner commerciali effettuata direttamente dal nuovo intermediario, ovvero dai suoi partner, al fine di permettere alle imprese di operare online in tutta sicurezza. Nella comunità digitale infatti, qualsiasi impresa ha teoricamente¹ la possibilità di entrare a far parte del sistema. All’interno dello stesso quindi, potrebbero formarsi nuove partnership aziendali tra aziende che prima di allora non erano neanche a conoscenza della loro esistenza.
Nasce quindi un’esigenza di conoscenza effettiva circa il modus operandi delle diverse realtà aziendali. Qualità e sicurezza, sono infatti fattori critici di successo del commercio elettronico e, ancor più, in tutti quei casi in cui i siti che propongono la possibilità di realizzare nuove e sempre più strette collaborazione interaziendali online.
Nelle forme di collaborazione, è infatti fondamentale l’esigenza del trust tra le parti, dove per trust, si intende la propensione di un’impresa ad intraprendere relazioni di scambio e collaborazione con altre aziende. All’interno della semplice nozione di trust, ritroviamo quindi dei concetti fondamentali² che la comunità deve necessariamente assicurare per creare una vera reputazione dell’affiliato: quella di credibility, ossia la convinzione per un’impresa che il proprio partner abbia l’effettiva capacità di portare a termine, efficacemente, il compito ad esso affidato, e quella di benevolence, ossia la convinzione per l’azienda che il partner tenga un comportamento corretto anche di fronte all’emergere di situazioni nuove.
La comunità quindi, deve necessariamente stringere partnership con Enti di certificazione accreditati che possano attestare o meno, la rispondenza dell’attività di tutti gli operatori commerciali partecipanti, allo standard delle severe norme ISO/DIS 9000 e 9001 internazionalmente riconosciute. Gli obiettivi fondamentali della certificazione di qualità della hold economy, devono quindi essere assicurati anche nella nuova economia digitale e, quindi, la mission fondamentale sarà quello di creare fiducia nei diversi partner così da garantire agli stessi la sicurezza che ogni impresa abbia le capacità di fornire prodotti e servizi che siano effettivamente in grado di soddisfare le esigenze esplicite o implicite del cliente e dove, tali beni e servizi, risultino essi stessi conformi agli standard di qualità fissati dalle varie normative, assicurando così che tale rispetto normativo, sia poi mantenuto nel tempo.
La nascita di tali comunità, si giustifica col fatto che molte PMI italiane, non puntano più a riorganizzare completamente e drasticamente il proprio modello di business, troppo costoso e rischioso, ma a focalizzarsi selettivamente su strumenti che siano in grado di sostenerle nella nuova economia, per cui non si assiste alla nascita di nuove soluzioni di business, del tutto radicali e rischiose, ma a soluzioni più soft, che permettano a dette imprese di valorizzare, in raggi economici più ampi, i punti di forza raggiunti nel tempo e nel sistema locale, in un contesto quindi più ampio. Si moltiplicano quindi, i progetti e le soluzioni di business appositamente studiate anche per la specificità dell’economia italiana, ed in generale per tutte quelle economie caratterizzate dalla presenza di un gran numero di PMI, con l’offerta di soluzioni tecnologiche e servizi atti a supportare e facilitare l’incontro tra domanda ed offerta e, servizi e contenuti idonei a colmare i punti deboli delle PMI, quali la conoscenza del mercato, l’aggiornamento delle professionalità aziendali, l’innovazione di prodotto e processo ed infine, la ricerca di nuovi partner.
Abbiamo visto, nel primo paragrafo, come la rete permetta una disponibilità di informazioni senza pari. Tale enorme disponibilità informativa però, se da un lato rappresenta un vantaggio, dall’altro può anche determinare uno svantaggio per tutte quelle imprese di più piccole dimensioni che, non disponendo di ingenti risorse economiche, non hanno la possibilità di investire per la ricerca di una loro maggior visibilità nella rete.
Il modello del distretto infatti, nel suo contesto territoriale, permette una ricerca e selezione agevole, rapida ed a basso costo della controparte. Così non è però, nel caso della rete, per cui si ha l’esigenza del supporto dei nuovi intermediari anche per mettere in contatto i diversi punti della catena del valore, oltre all’offerta dei servizi ad alto valore aggiunto che risultino più o meno complessi.
Il modello virtuale che riproduce online gli elementi più significativi e caratteristici dei distretti industriali, aggregazione, visibilità e comunanza di conoscenze ed interessi, deve quindi permettere alle imprese una nuova configurazione della loro supply chain aziendale e, quindi, una riprogettazione del tessuto delle loro relazioni interaziendali, tanto nelle attività di sviluppo congiunto del prodotto (product design), quanto nelle attività di riorganizzazione del flusso fisico di approvvigionamento (network design). Ciò, permettere anche alle PMI, di sostituire eventualmente il proprio fornitore con un altro quando quest’ultimo, pur localizzato ad una maggior distanza geografica, garantirebbe ad esempio una maggiore affidabilità nelle consegne.
Ebbene, una delle attività del nuovo infomediario, risiede proprio nell’effettuare continuamente un’attività di reporting sui propri partecipanti, troppo costosa se condotta direttamente dalle aziende di piccole dimensioni che pur vorrebbero affidarsi per le forniture a nuovi partner. Tale attività, risulta necessaria sia per monitorare le varie performance logistiche dei fornitori ad esso partecipanti, in linea con le effettive necessità dei buyers che abbiano appunto scelto di affiliarsi alla comunità, sia per gestire tutte quelle informazioni del processo di gestione degli ordini, come ad esempio comunicare tempestivamente la conferma della data di consegna dell’ordine o la presunta data di evasione.
Tale informazione, assume un’importanza strategica e fondamentale per l’impresa acquirente dal momento che, in caso di eventuale impossibilità nell’ottenere per tempo la fornitura, potrebbe rivedere il proprio piano di produzione ed eventualmente rifornirsi da fornitori alternativi, indicati dalla stessa comunità ed in grado di soddisfare pro-tempore il bisogno, così da garantire, a sua volta, la tempestiva fornitura al proprio cliente, superando quindi simili situazioni di difficoltà.
Il principale contributo dei nuovi intermediari, risiede quindi nell’offrire un supporto ad alto valore aggiunto per un’effettiva integrazione della supply chain aziendale, tramite la disponibilità di risorse informative che siano condivisibili tra tutti gli attori, legati e coinvolti nella catena produttiva, in un ambiente dove venga ricercata e mantenuta la trasparenza del mercato e la fiducia reciproca tra gli operatori, così da permettere a tutti i partecipanti di trarre beneficio nell’appartenere al network.
Con tale scambio informativo, la comunità, permette ai sellers una riduzione dei costi e dei vincoli esistenti per la raccolta di informazioni relative alle imprese clienti, così da programmare un’offerta più efficace ed efficiente essendo la stessa allineata alla specifiche richieste dai clienti e, per i buyers, sia la possibilità di ottenere forniture sempre più personalizzate, in linea non solo con i propri profili di consumo individuali, ma anche con quelli relativi alla capacità produttiva della propria organizzazione, sia con riferimento alle effettive condizioni d’uso futuro della fornitura stessa che l’azienda acquirente ha preventivamente comunicato alla comunità e da questa girata poi al fornitore.
Tale discorso, porta ad introdurre il nuovo concetto di impresa collaborativa, grazie appunto alla possibilità, offerta dai nuovi intermediari, di una fattiva collaborazione tra imprese nel processo di sviluppo del prodotto e quindi ad una riduzione sostanziale dei rischi economici.
La raccolta di informazioni sui partner e sui loro bisogni espliciti, ovvero sui prodotti che possano soddisfare anche i bisogni latenti del mercato, condotta direttamente dalle aziende con i metodi tradizionali, oltre a risultare molto costosa, presenta anche dei limiti connessi al fattore tempo. Tali richieste infatti, effettuate tramite visite in azienda, viaggi di lavoro, colloqui telefonici o anche tramite e-mail, possono richiedere anche molto tempo prima di essere utilizzabili.
Tramite la comunità invece, la quale suddivide la clientela ad essa affiliata in segmenti sempre più precisi, effettuando poi una selezione accurata dei partecipanti (tramite ad esempio la fissazione di criteri base di entrata come la qualità delle risorse imprenditoriali e manageriali, la posizione economico-finanziaria, la capacità di crescita, la predisposizione al cambiamento, apporti conoscitivi e progettuali, capacità e velocità di risposta ai cambiamenti ambientali, ecc.), permette alle imprese di ottenere le informazioni in tempi molto più brevi, offrendo così ai vari progettisti aziendali, una panoramica molto più completa sia sulle necessità dei propri clienti acquisiti, sia in merito alle aspettative dei potenziali clienti che potrebbero così essere raggiunti, serviti e, col tempo, anche fidelizzati.
Potrebbero ad esempio nascere, nuove forme di collaborazione di tipo orizzontale, tra imprese quindi che possedendo competenze specifiche e complementari, pur rimanendo autonome l’una dall’altra, vanno ad operare in modo coordinato per il raggiungimento di un fine comune.
Tali partnership, potrebbero sorgere in tutti quei settori in cui la complessità del prodotto risulta elevata (prodotto con elevate caratteristiche di divisibilità) e quindi, le imprese partecipanti, potrebbero ognuna realizzare distinte parti del prodotto stesso, comunicando online lo stato di avanzamento del proprio operato, per poi assemblare e rendere il prodotto finito, a cura di quell’impresa in possesso di competenze sistemiche e capacità organizzative superiori.
Quest’ultima impresa quindi, assumerà un ruolo centrale di coordinamento di tutto il progetto ed allora possono, a questo punto, verificarsi due ipotesi. Il premio pagato dal mercato per l’ottenimento di un prodotto che si identifica perfettamente con le proprie necessità (risultato della personalizzazione), dovrà essere equamente ripartito fra tutte le unità partecipanti.
Qualora però l’impresa che abbia coordinato tutto il progetto ed abbia fornito assistenza e supporto a tutte le altre imprese, tratterrà la totalità del surplus, mentre le altre imprese partecipanti otterranno ugualmente dei vantaggi economici, in quanto avranno una sicurezza circa i volumi acquistati dal partner-cliente, una riduzione dei rischi economici oltre ad una maggiore stabilità della propria domanda.
Nel caso dello sviluppo orizzontale quindi, la strategia perseguita, sarà quella del tipo multibusiness, dove le capacità, le competenze e le conoscenze delle varie aziende, verranno indirizzate verso nuove combinazioni di prodotto/mercato, offrendo nel contempo, ed a tutte le imprese partecipanti, un accrescimento di know how, sia esso commerciale, produttivo ovvero in ricerca e sviluppo, in virtù appunto delle nuove interrelazioni tangibili ed intangibili che si creerebbero tra le diverse unità³ .
Tale strategia quindi, permetterebbe ad una pluralità di piccole imprese, di competere direttamente anche con quelle di più grandi dimensioni e questo, senza dover investire risorse per un accrescimento della propria capacità produttiva e/o dimensionale, potendo benissimo sfruttare le suddette capacità, conoscenze e strutture possedute dal nuovo gruppo così formatosi (in pratica l’azienda, ottiene un surplus di valore economico, tramite lo svolgimento di attività in comune, rispetto al costo di gestione e coordinamento interno necessario per il raggiungimento dello stesso fine perseguito però in modo "solitario").
Le partnership formatesi poi, potranno distinguersi anche sotto un punto di vista temporale e quindi potranno avere una durata limitata, nel caso il progetto di cooperazione miri a raggiungere un fine specifico (si potrebbe parlare di rete dinamica digitale o anche di rete operativa digitale, che sfrutta una particolare situazione del mercato), ovvero avere una durata più ampia, in un’ottica di medio-lungo periodo, nel caso appunto in cui le imprese, intendano perseguire progetti di lunga durata ( si parlerebbe allora di rete stabile digitale o rete strategica digitale). Il discorso delle partnership quindi, faciliterebbe il formarsi online di filiere, gruppi e quindi dei tanto attesi distretti digitali, quali nuove opportunità di sviluppo dell’economia italiana nel nuovo contesto economico globale.

 


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